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Calcio e Fantacalcio: il ciclo del tempo di Simon Kjaer

Si giocava la stagione 2008-09 della Serie A, la prima che vivevo dopo il liceo. Non ero più uno studente per obbligo, ma per scelta. Una scelta, già. Come quella universitaria. Una scelta che influenzerà il tuo futuro negli anni a venire. La strada di chi vuoi essere, pensando a quello che potrai diventare. Una scelta difficile, da fare con cautela. Una decisione importante che la vita ti obbliga a prendere a diciotto anni. Diciotto. Quando sei ancora un ragazzo. Quando non sai ancora chi sei e chi vuoi essere. Troppo, troppo presto. Almeno per me.

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Tra coloro che decidono di intraprendere l’università, non tutti hanno le idee chiare. Quanto invidiavo i miei amici che erano certi di voler diventare medici, piuttosto che ingegneri o architetti. Io non sapevo che diamine fare. Sarà stata l’incertezza di quei giorni, in cui mi apprestavo ad iscrivermi alla facoltà di Ingegneria Gestionale seguendo le tracce lasciate in famiglia, piuttosto che per un’aspirazione personale diretta (scelsi un ramo non troppo settorializzante proprio per questo), ma avevo bisogno di qualcosa a cui aggrapparmi. E quale appiglio migliore dello stesso di sempre. Il calcio. E il Fantacalcio…

Potranno toglierci tutto. I sogni, le speranze, le prospettive di un futuro migliore. Ma non ci toglieranno mai l’asta del Fantacalcio. Quella gioia condivisa, con gli amici di sempre, dove la magia del gruppo, inquinata dal lavoro, dagli impegni, dai soldi, dai trasferimenti, torna ad essere viva, almeno per una sera, ricominciando il ciclo del tempo perso manco fosse una puntata di “Dark” (forse sto vedendo troppe puntate).

In quell’inverno grigio, più dentro che fuori, fui colpito da questo ragazzo biondo che giocava nel Palermo. Nell’asta di riparazione decisi di acquistarlo. Non sapevo bene quanti anni avesse, così andai a controllare la data di nascita: 26 marzo 1989. Un mio coetaneo praticamente (ho fatto la primina, quindi ero di un anno più piccolo rispetto a parte dei miei compagni di classe, molti dell’ ‘ 89 ndr). Fu in quel momento che mi venne in mente una frase che avevo letto su un mio – ormai vecchio – diario di scuola; non ricordo se fosse quello dedicato al Fantacalcio o sul Comix. La frase diceva  grossomodo “Cominci a diventare vecchio quando i giocatori che prendi al fantacalcio hanno meno anni di te”.

Simon aveva quasi i miei stessi anni. Era la prima volta che capitava. Prima di allora, i calciatori li avevo percepiti sempre come “più grandi”, idoli irraggiungibili, figure che per età ed importanza erano troppo lontane da me. In quel momento mi sembrò tutto “più normale”, meno idealizzato; meno sognante, più reale. Le icone che avevo mitizzato da bambino, per un attimo, cominciarono a sembrarmi più “umane”. In quei giorni in cui seguivo i corsi all’università in malo modo, senza capirci granché, senza voglia di studiare, accompagnato dal gelo di quelle levatacce mattutine, con sveglia alle 6 per prendere mezzi e fare le corse per un posto in aula che nemmeno sentivo mio, per la prima volta in cui mi allontanavo da casa per tanto tempo (che poi, tecnicamente, dalla mia abitazione in provincia all’università ci vogliono mezz’ora di macchina, ma con i mezzi il tempo – e lo stress – si triplicano) e lo spettro degli esami che sinistramente si avvicinava, mi sentivo completamente disorientato. Ed il calcio e il Fantacalcio, nonostante lo scossone emotivo “Carta d’identità di Kjaer”, erano la panacea di cui avevo bisogno.

Adesso sono passati dieci anni. Dopo tanti momenti di sconforto e molta, molta acqua sotto i ponti, alla fine mi sono laureato. Se penso a come avevo iniziato…a volte quasi non mi sembra vero. Vorrei poter tornare indietro nel tempo (forse devo smettere di guardare serie TV) e dire a quel ragazzo smarrito di dieci anni fa che andrà tutto bene, e che la strada la troverà, in un modo o nell’altro.

E poi, potrei dirgli che tra dieci anni, non resisterà, e all’asta del fantacalcio comprerà di nuovo Simon Kjaer, stavolta all’Atalanta. Forse il professore di “Dark” aveva ragione. Il passato influenza il futuro e viceversa. La vita è un eterno ritorno.

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