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Higuain, Don Neto, cacio e pepe e la scommessa mancata

Mi piace scommettere. Non grandi cifre. Il cinque euro domenicale sulla Serie A. Sempre e solo Serie A. Di rado, al massimo, qualche partita di Premier. “Non gioco su cose che non conosco” semi-cit. Un tempo giocavo di più, anni fa. Viaggiavo sui 15-20 euro a settimana. E vincevo anche di più. Ma è durato un paio d’anni, non molto. L’euforia della giovinezza. Scommettere sul calcio va contro la mia idealizzazione del gioco, verissimo. Ma lo facevo. Mi piaceva. Mi piace. Umana debolezza.

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Alla fine scommetto solo quei cinque euro, di domenica mattina, sulle partite delle 15. O meglio, quel che resta di esse. Al calcio spezzatino non mi ci abituerò mai. Mi piace seguire i match con qualcosa in gioco e, ancor di più, recarmi di domenica nel centro scommesse, prima però di aver fatto colazione al bar, magari in compagnia della ‘Gazza‘. Se c’è il sole, ancora meglio. D’altronde spendo cifre contenute per cercare di vincerne altrettante. Che male c’è?

Oramai non vinco più. Saranno due anni che non prendo nulla. Lo faccio lo stesso, per tradizione, per l’aperitivo domenicale, per il divertimento di spulciare i risultati e confrontarmi con gli amici. Qualche tempo fa però, scoprii che non ero l’unico in famiglia. Mio zio mi raccontò di una <<bolletta>>  (come chiamano le scommesse su eventi sportivi dalle mie parti ndr) presa; non so come uscì fuori il discorso. Napoli-Juventus, 0-1 risultato esatto, marcatore Higuain. Vinse una bella sommetta. “Azz! Allora scommetti pure tu!?” esclamai con grande sorpresa. Zio si interessava al calcio, di tanto in tanto, ma non pensavo investisse qualche soldino. Fu così che qualche mese fa, il giorno dell’attesissimo Milan-Juve coincise con il compleanno di mamma. Eravamo tutti a casa, zio compreso. “Dò’, vogliamo giocarci due risultati?”.  Accettai subito. Era la prima volta che giocavamo insieme. Alla fine coinvolgemmo tutta la famiglia. Puntammo su un paio di combinazioni, ma ne ricordo solo una: risultato esatto 2-2, segna sì Higuain. Sapete tutti come andò: pronti-via 1-0 per la Juve; poi, mezz’ora dopo, il Pipita si presenta sul dischetto. Ci crediamo. Invece sbaglia. Vi lascio immaginare le imprecazioni.

Quante risate. Fu una bella serata, malgrado la scommessa persa. Per noi almeno; per Higuain un po’ meno.

Domenica scorsa, in occasione di Napoli-Lazio, zio mi disse: “Stamm’ assentì’, giochiamoci 2-1 segna sì Fabian Ruiz e 3-1 segna sì Immobile. Di solito il Napoli non lo gioco per scaramanzia, però quella dritta me l’aveva data Don Neto (così chiamavo zio da un po’ di tempo per la somiglianza con il personaggio di Narcos Messico: uguale!), evento più unico che raro, quindi decisi di fare un’eccezione. E poi in un periodo in cui tante cose della mia vita stanno cambiando, comprese le mie abitudini, perché non trasgredire? Anche qui sapete tutti com’è andata. 2-1 con goal di Immobile: se avessimo incrociato le combinazioni avremmo vinto.

Due giorni fa, mercoledì sera, entrai in cucina e sentii “hai visto?! Per pochissimo! In undici contro dieci per venti minuti il Napoli non è riuscito a fare il terzo…ci speravo”. Mi misi a ridere, rammaricandomi contemporaneamente. Aveva ragione, potevamo vincere. Parlando, l’attenzione finì sulla partita di domani sera, Milan-Napoli. “Senti, fai una cosa. Dici a Giulia che voglio assaggiare la sua cacio e pepe. Quest’estate non c’ero quando l’ha cucinata,  la voglio pure io! E poi ci vediamo la partita insieme. Magari ci giochiamo pure una bella bolletta…”. Da romana qual è, la cacio e pepe della mia ragazza si difende eccome. “Va benissimo zio! Glielo dico subito!”. E così abbiamo organizzato. Era tutto pronto per domani sera. Era. Non posso usare il presente.

Sono passati due mesi e mezzo da quel Milan-Juve. Due, come le partite che ci siamo giocati insieme. Due, come le volte che ho sentito il termine “garitta” in vita mia; la prima, quando mio cugino Carlo, il figlio di Don Neto che fa il militare, mi aveva raccontato della sua missione in Libano, quando aveva il compito di rimanere per sei-sette ore da solo, fermo su una GARITTA a vigilare, sperando che non succedesse nulla, ovviamente. Quell’aneddoto mi era rimasto impresso, soprattutto quel termine. Non so perché. La nostra mente seleziona in automatico cosa ricordare. Stamane l’ho sentito per la seconda volta, chiedendo ad un inserviente indicazioni per la camera mortuaria. “Vedi, vai dove c’è quella GARITTA, e poi sempre dritto”. Strana la vita. Tutto può cambiare con una telefonata.

Sono passati due mesi e mezzo. Due, come le volte in cui ho provato quel dolore. Due, come le squadre in campo domani. Il Milan, sempre a San Siro, affronterà il Napoli, non la Juve. Higuain non è più rossonero. E Don Neto se n’è andato in una fredda mattinata di gennaio, senza salutare. Niente cacio e pepe domani. Mi sa che prendiamo una pizza. E mi sa che domani non scommetto neanche.

Buon viaggio zio, ovunque tu sia.

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