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Hübner, Calcutta e la pasta in bianco

In loop. Da ieri sera. Da quando un amico l’ha postata su Facebook e l’ho ascoltata per la prima volta. Un pomeriggio piovoso d’inverno, di metà settimana. Di quelli grigi, che più grigi non si può, che nemmeno i Signori Grigi di Momo potrebbero.

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Quei pomeriggi in cui avresti una miriade di cose da fare, ma non ne hai voglia. Di quelli in cui ti fai un caffè, ma ce ne vorrebbero almeno altri dieci per attivarti. Ed invece ne prendi uno. E resti lì, fermo, chiuso in una stanza con la stufa cercando disperatamente di riscaldarti con quel poco di calore che ti può offrire. Ma fuori fa freddo. Ed un po’ anche dentro. E allora sei lì, inerme, con il quaderno aperto, tentando di capire quelle forze su quale cavolo di parte della struttura dovrebbero andare a finire, mentre lasci -anche se non dovresti- la ripetizione di YouTube accesa. E quella canzone di Calcutta, a ripetizione, che sembra essere scritta apposta per te, per quel dannato pomeriggio di pioggia.

Ti alzi. Cucini. Mangi pasta in bianco con olio e parmigiano, in compagnia di Netflix. I tuoi non ci sono, Giulia è a 200km di distanza e questo pomeriggio sembra fatto solo per pensare. Provi a rimetterti sui quaderni, ma non resisti. La concentrazione latita ed allora ti risintonizzi su Youtube. E pensi. E guardi fuori e non puoi far altro che tornare indietro. E finisci a ripensare a qualcosa del tuo passato, qualsiasi cosa che ti porti via da quel freddo. E allora, ascoltando quelle parole, accompagnate da quella melodia che sembra ritmare le gocce che cadono, ripensi a Dario Hübner e a quando eri bambino. A quel primo fantacalcio in cui ti chiedevi chi fosse, per poi richiederti durante l’anno perché fosse arrivato così tardi nel grande calcio vedendo le immagini dei goal che faceva. Rigorosamente di domenica, alle 18, aspettando Novantesimo Minuto. E chi l’aveva la Pay TV?

Altri tempi. Tempi in cui ti ricordavi facesse più caldo. Ma se ci pensi, tutte le volte che ti guardi indietro fa sempre più caldo.

Ti affacci alla finestra, c’è ancora freddo. Guardi i quaderni, cercando invano un’ispirazione. E ti ritrovi da solo ‘a consumare le unghie’. Forse Giulia ha ragione, dovreste stare più vicini.

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