AnedDodo,  Off

NBA, Champions League e Westbrook: ricomincio da zero

Il vuoto. All’improvviso. Senza motivo. In testa e nella pancia. Come se non avessi niente in nessuna delle due cose. Vacue. Assenti. Come te. Che non riesci a sentire più nulla. I tuoi programmi, i tuoi sogni, le tue speranze. La tua anima. In un attimo. Puff, sparita.

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Ti succede dal nulla. Mentre stai tranquillamente studiando. E allora corri, goffamente, verso la cucina. A momenti cadi per le scale. Gli altri parlano ma tu non li senti. Prendi acqua e zucchero, sperando ti riprendano. Rimedi antichi che nessuno sa se e quanto funzionino realmente.  Ed infatti, non funziona. Non riesci a calmarti. Allora ti vesti. Esci. Una leggera brezza ti soffia sul viso, antipasto di una primavera che, climaticamente, non è ancora arrivata, e già senti che va un po’ meglio. Ma è solo un attimo. Ti dirigi in farmacia, con le mani in tasca e le cuffiette nelle orecchie. I Coma_cose cantano, ma nemmeno loro ti risollevano. Entri, chiedi di farti misurare la pressione. I valori sono più alti della tua classica pressione leggermente bassa. “Stai megl’ e me” ti dice sorridendo la farmacista paffuta, rassicurandoti. Ti fidi. D’altronde è lei che, senza che tu gliel’abbia mai chiesto, ti serve sempre in maniera discreta,  nei momenti in cui non vuoi far vedere agli altri clienti cosa compri. Ed oggi, più che mai, ho bisogno della sua complicità. E allora esci, e ti fai anche una risata. E pensi che è uno di quei giorni.

Ti incammini verso casa, sempre con le cuffiette nelle orecchie. E ascolti quella canzone degli Oasis che ascoltavi nei momenti bui, che ti intima deliziosamente a non piangerti addosso, mai. Ed infatti stavolta non piangi come anni fa, anzi. Ha un potere quasi curativo, perché decidi di non tornare subito a casa; hai bisogno di riflettere. Ti fermi nel tuo luogo: in piazzetta, la solita. Ti siedi sulla panchina, a contemplare quei quattro lati di cemento, illuminati dalla luce dei lampioni e, sullo sfondo, un meraviglioso blu post tramonto figlio delle giornate allungate. Liam canta e tu guardi il canestro. E pensi. Pensi. Come hai sempre fatto guardando la piazzetta e/o ascoltando quella canzone. Quelle note, che hanno accompagnato spesso i tuoi mal di pAnSia, come ami definirli.

Sì, probabilmente è così. Non ho nulla. È stata solo una crisi di panico. Solo, come se non ti avesse scombussolato ugualmente. Uso il termine solo, semplicemente perché non è la prima volta. Pensi sempre di esserti abituato, di saperle combattere, ma quella puttana è in agguato quando meno te l’aspetti. Arriva senza avvisare, anche in un pomeriggio tranquillo, mentre stai studiando. Guardi il canestro, e ti chiedi perché ti sia venuta, e analizza ogni cosa, vivisezionando tutte le emozioni di questo periodo, soffermandoti sui cambiamenti importanti che stanno sopraggiungendo. Guardi la piazzetta e pensi che quando si spegne la luce, quando senti il buio, ti ha sempre salvato una cosa: lo sport. Il calcio che giocavi insieme ai tuoi amici in quel rettangolo di cemento, il pallone che segui costantemente, ogni domenica, da quando ne hai memoria. E poi la pallacanestro, che hai ricominciato a giocare da quando hanno installato il canestro -sì, perché in mezzo a tutti questi cambiamenti anche la piazzetta è cambiata; adesso c’è uno sproporzionato campetto di street basket che ha reso il mio rifugio ancora più sicuro- e anche a seguire da qualche anno a questa parte. Forse perché, nel tourbillon di modifiche del tuo habitat, avevi bisogno di qualcosa che richiamasse la tua adolescenza, emozioni perse di quella palla a spicchi che per troppo tempo erano rimaste sopite.

Guardi ancora il canestro, e pensi a DeRozan e Love –soprattutto a quest’ultimo ed alla sua splendida lettera pubblicata su The Players’ Tribune–  che di quei problemi ne hanno parlato. Di quando ti sale l’ansia senza ragione, dei turbamenti che alcuni momenti possono portarti senza che tu te ne accorga. Ed è un bene che i tuoi idoli ne parlino, come quella volta in cui fu Buffon a confessarsi in questo senso. Ed anche tu, all’epoca, quando vivevi quei giorni in cui le quattro mura della tua stanza sembravano le pareti di una gabbia, ti sentivi più normale. Più umano.

Guardi il canestro e pensi che stasera vorresti uscire. Magari con la tua ragazza, a mangiare un pezzo di pizza ‘tranquillo’, come si dice giù; ma lei dista 200 km da casa tua, perciò pensi che vorresti…vorresti…non lo sai nemmeno tu cosa cazzo vorresti per toglierti di dosso questa maledetta scimmia. E allora pensi che stasera potresti finire di vedere OKC-Minnesota; ti mancano gli ultimi cinque minuti del quarto quarto. E ti viene in mente Russell Westbrook e vorresti avere la sua forza per affrontare la tempesta. Così pensi che stasera potresti guardare il Liverpool in Champions League, e pensi ai suoi tifosi e a quel “You’ll Never Walk Alone” altra colonna sonora dei tempi duri. “Alla fine della tempesta, c’è un cielo dorato”. Oppure stasera potresti guardare Tottenham-Man City. E pensi che anche Liam la guarderà.

Alla fine guardi un’ultima volta il canestro e ti viene in mente di nuovo Westbrook e il suo numero di maglia. Zero, come le persone che non hanno di questi problemi. Capita a tutti, almeno una -se non di più- volte nella vita. Zero, come le cose che non cambiano, come i tuoi amici con cui vorresti giocare a pallone o fare due tiri ma adesso sono in giro per l’Italia a lavorare, e che ti chiamano dicendoti che si sposano o che comprano casa, piuttosto che dirti “Oh, mettiti la tuta che andiamo a fare due tiri”. Zero, come i motivi che avresti per stare male, eppure ci finisci dentro lo stesso, e cerchi di capire perché dato che non succedeva da tempo immemore: la nuova fase di vita che si avvicina, la prospettiva di una convivenza, di lasciare casa, i matrimoni che ti circondano.

Zero come Arenas, come il Sub di Mortal Kombat, come Renato. Zero, come i motivi per arrendersi. Anche se non hai la forza dell’atleta che ha deciso di non essere mai stanco, devi combattere ispirandoti alla sua energia.

Continua a lottare, che la tempesta  passa, lo sanno pure ad Anfield.

Se ti senti senza forze, fai come Russ. In fondo, se ci pensi bene, quanti motivi hai per fermarti? Zero.

 

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